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tiziano
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MessaggioInviato: Gio Set 02, 2010 8:55 pm Rispondi citando Torna in cima

Qui potranno essere postate, da tutti, guide manuali, spiegazioni ecc. ecc
Vi chiedo di citare almeno la fonte.

Grazie

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La passione per i motori è qualcosa che ti nasce dentro, sin da piccolo, quando sentire il rombo di un motore ti fa battere il cuore come una bella donna, è come una droga, ti nasce una dipendenza dal nitrometano,

Ultima modifica di tiziano il Mar Set 07, 2010 7:11 pm, modificato 1 volta in totale
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tiziano
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MessaggioInviato: Gio Set 02, 2010 8:55 pm Rispondi citando Torna in cima

Come funziona un servocomando

ARTICOLO DI SETTORE ZERO CHE RINGRAZIO

I servocomandi, o pi¨´ semplicemente servo, sono molto usati nel modellismo e nella robotica amatoriale. Si tratta di piccoli dispositivi, generalmente contenuti in uno scatolotto di materiale plastico, muniti di un motorino, una serie di ingranaggi di riduzione e circuiteria. Parleremo quindi in questa brief-note, dei servocomandi ¡°da hobby¡± anche noti come servocomandi RC, perch¨¨ generalmente utilizzati in abbinamento alle riceventi dei RadioComandi.

Dal corpo di un servocomando fuoriesce un perno di rotazione, al quale possono essere fissate, mediante un incastro zigrinato e una vite centrale, le cosiddette ¡°squadrette¡±, di varie forme, materiali e dimensioni e che servono per collegare il servocomando al dispositivo che esso dovr¨¤ ¡°muovere¡±. Le squadrette generalmente sono forate per permettere l¡¯ancoraggio, tramite viti autofilettanti, a staffe oppure per permetterci di inserire al loro interno gli alberini di comando.

Il perno di rotazione ¨¨ in grado di effettuare un¡¯escursione minima garantita di 90¡ã, ma in genere si arriva tranquillamente a 180¡ã. Il servo ha una posizione centrale e pu¨° ruotare di 45¡ã (o 90¡ã) a destra e 45¡ã (o 90¡ã) a sinistra.

Questi dispositivi sono molto utilizzati, ad esempio, sulle automobili radiocomandate per aprire/chiudere la valvola del gas, per effetuare la sterzata, oppure ancora sugli aereoplani radiocomandati o ancora nei piccoli robot in cui vanno a costituire, mediante squadrette, staffe e leveraggi vari, le varie giunture degli arti dei robot.


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Servocomando analogico della Hitec, modello HS-322HD, con corredo di squadrette e accessori. Sul servocomando ¨¨ montata una squadretta tonda. Tra gli accessori, oltre alle squadrette (in materiale plastico bianco) si notano a destra i 4 gommini utilizzati per smorzare le vibrazioni, da montare nei fori di fissaggio del servocomando. Le 4 viti di fissaggio saranno fatte passare attraverso le 4 boccole dorate, da inserire nei gommini.

I servocomandi, a dispetto delle loro ridotte dimensioni, grazie a sistemi di riduzione ad ingranaggi pi¨´ o meno sofisticati, hanno delle forze torcenti spaventose e sono in grado di spostare diversi Kg (tanto per fare un esempio, l¡¯Hitec HS-805BB ¨¨ in grado di spostare circa 25Kg, ma alcuni modelli di servo arrivano anche oltre 45Kg).

Un¡¯altra peculiarit¨¤ ¨¨ quella di mantenere la posizione: una volta detto al servocomando di ruotare di un certo numero di gradi, e se tale comando viene inviato di continuo, rimarr¨¤ in quella posizione trattenendo il carico a cui ¨¨ collegato. Ovviamente bisogna sempre scegliere un servocomando che abbia la potenza necessaria a svolgere il compito assegnatogli. Spesso, nei servocomandi economici, capita che gli ingranaggi, generalmente costruiti in Nylon, si spacchino proprio perch¨¨ il servocomando viene utilizzato al limite della propria forza. Per tale motivo esistono servocomandi con ingranaggi metallici o materiali plastici di un certo livello. Quello della foto in alto, ad esempio, utilizza ingranaggi in Karbonite: un brevetto della Hitec che permette di avere un buon compromesso tra prezzo, peso e resistenza.

Bisogna inoltre distinguere tra servocomandi analogici e digitali. In questa sede tratter¨° solo gli analogici perch¨¨ sono i pi¨´ diffusi e pi¨´ economici. Vengono chiamati analogici in quanto il posizionamento del perno viene fatto controllando la rotazione di un piccolo potenziometro posto all¡¯interno del servocomando e messo in movimeno dagli stessi ingranaggi che muovono il perno. Nei servi analogici il motorino non ¨¨ alimentato quando il servo si trova nella posizione comandata. I servo digitali, invece, hanno sistemi digitali per controllare il posizionamento e forniscono quindi una risposta pi¨´ rapida e precisa, raggiungono forze torcenti pi¨´ elevate ma per contro costano un occhio della testa e consumano pi¨´ corrente in quanto il motorino ¨¨ sempre alimentato.
Il servocomando, abbiamo detto, ha quindi una rotazione limitata: 90¡ã (45 a destra e 45 a sinistra o 90¡ã a destra e sinistra per i servo che lo consentono), questo perch¨¨ hanno all¡¯interno un perno che ne blocca l¡¯escursione. In molti difatti effettuano la modifica dei servocomandi rimuovendone i blocchi: in questo caso il servocomando pu¨° essere utilizzato, ad esempio, come un motoriduttore per collegarci su delle ruote per movimentare il nostro robottino o la nostra macchinina. In questi casi viene fatta anche una modifica all¡¯elettronica, escludendola.

Arriviamo quindi alla parte cruciale: come si pilota un servocomando?

Da un servocomando fuoriescono 3 fili: due sono per l¡¯alimentazione e generalmente sono nero o marrone per il negativo e rosso per il positivo; il terzo filo, quello destinato al segnale di comando, generalmente ¨¨ giallo (Hitec), bianco (Futaba) o arancione o nero.

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Cavetto di un servo prodotto dalla Hitec. La piedinatura segue quella standard da 2,54mm. Non tutti i servocomandi, per¨°, presentano il connettore fatto in questa maniera

L¡¯alimentazione generalmente ¨¨ compresa tra 4.8 e 6volts (ma fate riferimento al datasheet del vostro servocomando) . Alla massima tensione il servo fornisce il massimo della potenza.

Il segnale di comando ¨¨ costituito da un¡¯onda quadra inviata ripetutamente: il fronte positivo deve avere una durata compresa tra 1 e 2 (tra 0,5 e 2,5 per i servo che ruotano di 180¡ã) millisecondi e la somma del fronte positivo e quello negativo (ovvero: il periodo) deve essere di circa 20mSec (frequenza: 50 Hz). Il segnale fatto in questo modo deve essere inviato di continuo se si vuole che il servocomando, sotto sforzo, mantenga la posizione desiderata:


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Possiamo notare che tale segnale ¨¨ in pratica un segnale di tipo PWM (Pulse Width Modulation), ovvero un segnale modulato in ampiezza: per pilotare un servocomando andiamo difatti a modulare l¡¯ampiezza della semionda positiva.

I servocomandi in grado di ruotare di 180¡ã accettano un impulso tra 0,5 e 2,5mSec.

Ne approfitto quindi per introdurre il concetto di Duty Cycle (d): esso rappresenta il rapporto, espresso in percentuale, tra la durata della semionda positiva (¦Ó) e il periodo (T) del segnale. Quando il fronte positivo dura 1mSec, essendo il periodo di 20mSec, il duty cycle varr¨¤:



Possiamo quindi dire che un servocomando va pilotato mediante un segnale modulato in PWM alla frequenza di 50Hz, con un duty cycle compreso tra 5% e 10% . Valori al di fuori di questi possono portare a malfunzionamenti: il servo fischia, si surriscalda e pu¨° rompersi.

In realt¨¤ alcuni servocomandi possono essere pilotati non curandosi del periodo di 20mSec ma solo della esatta durata della semionda positiva: quella negativa potr¨¤ variare tra 10 e 40mSec circa, ma tale comportamento non ¨¨ standard. Utilizzando un periodo (e quindi una durata totale) di 20mSec saremo certi di riuscire a far funzionare correttamente qualsiasi tipo di servocomando senza correre il rischio di romperlo.

Con un duty cycle del 5% (quindi: impulso di 1mSec), il servo si ruoter¨¤ tutto da un lato (45¡ã a destra), con un duty cycle dal 10% (impulso di 2mSec), il servo si ruoter¨¤ tutto dall¡¯altro lato (45¡ã a sinistra). Il servo raggiunger¨¤ quindi la posizione centrale con un impulso di 1,5mSec:
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I servo che hanno un’escursione di 180° ruoteranno di 90° a destra con un impulso di 0,5mSec e 90° a sinistra con un impulso da 2,5mSec. In pratica possiamo dire che c’è una rotazione di 45° ogni 0,5mSec.

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MessaggioInviato: Gio Set 02, 2010 8:56 pm Rispondi citando Torna in cima

Mini guida per la rimozione della protezione dei cuscinetti

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Lubrificare i cuscinetti con dello spray WD 40 è un rimedio temporaneo. Lo sporco viene trattenuto all' interno del cuscinetto
ottimo per la pulizia dei cuscinetti si è rilevato il 10W30 Mobil 1

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Ultima modifica di tiziano il Mar Lug 19, 2011 6:08 pm, modificato 2 volte in totale
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MessaggioInviato: Gio Set 02, 2010 9:01 pm Rispondi citando Torna in cima

Dipingere una scocca

Prima di tutto si segnano i punti dove verranno fatti i fori di colonnine antenna ecc.

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Poi si si faranno i buchi con un'alesatore per impostare poi le altre parti della carrozze

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succesivamente segnare i passaruota anteriori

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e poi quelli posteriori in base al passo non importa se ci sono dei segni preimpostati

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dopo aver finito il taglio e i fori si passa alla pulizia dell'interno con acqua detergente e una spugna ruvida con attenzione a non sfregare sulle parti che dovranno rimanere trasparenti

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TAGLIO PARTI DRITTE
Per le parti come le fiancate e alettoni io uso il cutter facendo una incisione unica e precisa
IMPORTANTE
Non sbagliare la linea e non farsi scappare il cutter può essere molto pericoloso

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Dopo aver fatto l'incisione si deve piegare il lexan dalla parte opposta all'incisione
Il lexan a questo punto dovrebbe tagliarsi in modo netto e preciso se non ci si riesce al primo colpo si deve riprovare a piegare più di una volta

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Come si vede in foto il taglio è netto e preciso

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Per i passa ruote e le parti curve di solito si usa la forbice con le punte arrotondate

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IMPOSTAZIONE DISEGNO
L'impostazione del disegno che verrà fatto sulla carrozza può essere disegnato sia sulla superfice esterna, se si hanno le idee chiare, oppure si può fare uno schema o disegno prima per rendersi meglio conto dell'accoppiamento dei colori o disegno

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MASCHERATURA
Per la mascheratura si può usare sia nastro da carrozzaio e nastro isolante pretagliato l'importante è pensare sempre che i colori scuri DEVONO essere posati per prima, altra cosa importante è decidere cosa usare se bomboletta o areopenna

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Un'altra vista della mascheratura è chiaro che la parte mascherata sarà la più chiara! in più è ancora più chiaro che i vetri saranno mascherati se non volete fare un monotono, io in più segno le cornici dei vetri e li ritaglio per poi fare una cornice esterna

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Prima si fanno gli effetti speciali che dovranno venire fuori sotto il fondo scuro, non è obbligatorio, e comunque il nero, blu scuro ecc. vanno posati per prima

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Altra vista dell'inizio di verniciatura

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Altri effetti speciali fatti con stencil in cartone o carta grossa e passaggi veloci con sovraposizioni come nella parte posteriore, volevo fare un'effetto cielo ma non è venuto proprio come volevo, devo fare delle prove anch'io!!quì si vede il cielo e il bianco dato per ultimo l'unico colore che ho dato dopo è il fucsia delle righe anche se bisogna stare attenti perchè può fare aloni nel bianco

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A carrozzeria quasi ultimata si passa una mano di bianco su tutta la superficie interna per far risaltare i colori florescenti in più si protegge il colore sotto, in questo sono obbligato perchè uso i colori fascolor che sono a base d'acqua e si sciolgono con l'acqua, pensate in una bella gara sul bagnato che cosa potrebbe accadere

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DUE ADESIVI E LA CORROZZA E' FINITA

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MessaggioInviato: Mar Set 07, 2010 7:25 pm Rispondi citando Torna in cima

Guida alla scelta del motore brushless

ARTICOLO DI HOBBY MEDIA

L’unità di misura utilizzata per i motori elettrici (brushless) è il KV ossia il Numero di giri al minuto per Volt a vuoto, ossia senza elica installata. Il motore è in grado di girare fino al limite indicato e non oltre. Per esempio, un motore da 1500 KV alimentato da una batteria Li-Po da 2 celle (7,4V) girerà a vuoto a 11.100 giri al minuto. Se la batteria ha 3 celle (11,1V) il numero di giri sarà invece di 16.650 giri al minuto.

Un motore con un KV maggiore, per esempio 4300 KV girerà rispettivamente a (7,4 x 4300) 31.820 giri al minuto o a (11,1 x 4300) 47.730 giri al minuto con le stesse batterie. I motori più lenti rappresentano la scelta ideale per modelli che usano eliche grandi e che volano più lentamente: slow flyers, modelli di grandi dimensioni, modelli da divertimento. Per contro i motori più veloci sono indicati per modelli piccoli, veloci, per modelli muniti di turbina, elicotteri o pylon racer.

Un motore non va valutato dalle dimensioni esterne bensì dalle caratteristiche dichiarate. Ovviamente quando di installa un’elica sul motore la velocità di rotazione è molto minore e dipende dalle dimensioni dell’elica. Indicativamente un motore da1500 KV ed alimentato da una batteria Li-Po da 2 celle può girare al massimo a 8.000 – 9.000 giri al minuto. Inoltre il carico applicato al motore (l’elica) fa aumentare il fabbisogno di corrente fornita dalla batteria, misurata in Ampere.

La scelta del motore dal giusto KV è molto importante ed è altrettanto importante effettuare i propri calcoli che devono essere basati sul voltaggio della batteria sotto carico e non sul voltaggio nominale. In generale un motore a basso KV assorbe meno corrente di un motore ad elevato KV. La scelta non è facile e di solito si usa un metodo empirico o l’ esperienza. Diciamo che, volendo un motore in grado di azionare un’elica 12”x6” a 8000 giri al minuto con un batteria Li-Po formata da 4 celle, si può pensare che il voltaggio sotto carico sarà di 13,2V (invece di 14,8V) e quindi 8.000/13,2 = 606 KV. Ovviamente in questo piccolo esempio non si è tenuto conto della corrente, di quanti Ampere la batteria deve fornire. Più un motore è rallentato da un’elica e maggiore saranno gli Ampere assorbiti dal motore. Aumentando la corrente si arriva al punto di bruciare il motore o il regolatore o la batteria stessa. Nelle tabelle che seguono troverete l’elica consigliata per ciascun motore suggerendo anche il tipo di batteria Li-Po ( s = numero di celle in serie).

Ricordare sempre che TROPPI ampere provocano danni e non abbastanza non permettono al modello di volare! Aumentando il voltaggio la corrente richiesta diminuisce in quanto ciò che il modello in realtà richiede è la Potenza (Voltaggio x Corrente) che viene espressa in Watt. 1 HP (Cavallo Vapore) = 740 Watt . Facendo qualche semplice conto potremmo dire che un buon .46 fornisce 1,3 HP al massimo dei giri. Diciamo che ad 11.000 giri la potenza realmente fornita è 0,8 HP e NON 1,3 HP! Ossia 740 X 0,8 = 592 Watt. Fortunatamente la potenza di un motore elettrico è facile da misurare se si dispone di un wattmetro che si pone tra la batteria ed il regolatore. Con il motore al massimo si misura la corrente fornita dalla batteria ed il voltaggio. Per prima cosa è importante leggere gli Ampere (corrente) e NON superare l’amperaggio ammesso dal regolatore. Se è superiore a quella del regolatore si dovrà usare un’elica più piccola o aumentare il numero delle celle della batteria (compatibilmente con quelle permesse dal regolatore).

Di solito un buon riferimento empirico indica 22W per 100g per gli acrobatici e 11W per 100g per gli old timer.

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MessaggioInviato: Mar Set 07, 2010 9:02 pm Rispondi citando Torna in cima

Manutenzione motori Brushless Il video



http://www.youtube.com/watch?v=6iFTO54uGM0&feature=player_embedded


http://www.youtube.com/watch?v=Pt7O2qiuP4g&feature=player_embedded


http://www.youtube.com/watch?v=DJlLstmmie4&feature=player_embedded

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MessaggioInviato: Gio Ott 14, 2010 8:23 pm Rispondi citando Torna in cima

Gli ammo




<< Il set up di un modello off road, per avere il massimo delle prestazioni, potrà essere fatto soltanto circa al 90% delle possibilità. >>

Il set up di un modello off road, per avere il massimo delle prestazioni, potrà essere fatto soltanto circa al 90% delle possibilità.
Il restante 10% dipenderà da piccoli aggiustaggi di tipo personale: a qualcuno piace un assetto più morbido ed a qualcun'altro più rigido.
Di seguito vi spiegeremo comunque come fare un settaggio di massima alla sospensioni del vostro modello non senza aver prima fatto una breve storia dell'olio al silicone che viene normalmente usato per "dare anima" ai nostri ammortizzatori e "lunga vita" ai differenziali.
All'inizio degli anni '80 i modelli iniziarono ad essere dotati di piccoli ammortizzatori che venivano normalmente riempiti di olio per trasmissioni.
Il difetto di questo tipo di olii era che la loro viscosità cambiava notevolmente durante l'uso soprattutto a causa del variare della temperatura.
Vennero tentate mille soluzioni e si arrivò persino ad usare l'STP che doveva essere riscaldato prima dell'uso se si voleva che i nostri ammortizzatori funzionassero: a quei tempi si vedevano un sacco di asciugacapelli ai box!
Per fortuna, a metà degli anni '80 vennero introdotti gli olii al silicone che hanno la caratteristica di mantenere una viscosità molto più costante anche al variare della temperatura e comunque sempre instabile.
La durezza o viscosità dell'olio è ufficialmente misurata in "Cps". Esiste anche un'altro sistema di misura in uso negli Stati Uniti descritta in "WT".
Più l'olio è fluido, più basso è il numero.
Più l'olio è denso, più alto è il numero.
Per un uso normale negli ammortizzatori la densità può variare da 100 fino a 500 Cps.
Oggi siamo anche arrivati ai differenziali con O-ring di tenuta e quindi possiamo usare anche in essi, al posto del grasso, l'olio al silicone.
In questo caso, la densità può variare da 1000 fino addirittura a 500.000 Cps.
Alcune ditte, soprattutto americane, stanno ancora usando la misurazione in WT, mentre giapponesi ed europei la migliore e più lineare misurazione in Pcs.
E' purtroppo diffusa la convinzione che il rapporto tra la misurazione in Cps e WT sia proporzionale e quindi lineare, ma non è vero e lo dimostra il fatto che, mentre 100 Cps corrispondono a 10 WT - 150 a 15 - 200 a 20, se passiamo a 275 Cps scopriremo che corrispondono a 25 WT - 350 a 30 - 425 a 35 - 500 a 40.
La differenza di 50 Cps è lineare, mentre quella di 5 WT è progressiva se paragonata alla reale viscosità dell'olio.
Il sistema migliore per misurare la densità è quello di misurare il tempo di passaggio del fluido attraverso un predeterminato foro: molto semplice!
Molti sono convinti che l'olio al silicone non venga influenzato dalla temperatura, ma non è affatto vero: se facciamo una misurazione a 12 gradi oppure a 32 gradi, avremo una differente misurazione!
La prima regola da tenere presente è che con più o meno 10 gradi di temperatura, avremo più o meno il 5% di viscosità. Se, per fare un esempio, prendiamo un olio al silicone di 200 Cps a 22 gradi, sarà di 210 Cps a 12 gradi e di 190 Cps a 32 gradi. Tornando al set up e, nello specifico, a quello delle sospensioni, intanto montate la macchina seguendo i suggerimenti del manuale a corredo.
Dopo che avete montato il modello, sollevate la parte anteriore fino ad avere un angolo di 45 gradi e lasciatelo andare.
Fate la stessa cosa con la parte posteriore e guardate ed ascoltate cosa succede: se il modello arriva a toccare il terreno, la sospensione è troppo morbida e dovrete riempire gli ammortizzatori con olio più denso oppure usare una molla più dura.
Se il modello invece rimbalza sulle gomme, è il caso di cambiare l'olio con uno più fluido oppure usare una molla più tenera.
Ora, con un dito, premete e rilasciate in veloce sequenza prima l'avantreno e poi il retrotreno (l'avrete visto fare mille volte ai box).
Se la sospensione non segue il vostro movimento, vuol dire che sarà necessario diminuire la viscosità dell'olio. Ricordatevi che la sospensione anteriore dovrà sempre essere un po' più dura di quella posteriore.
Quando lasciate andare il modello a terra, i bracci della sospensione devono fermarsi appena sotto la linea parallela al terreno in modo che facciano una leggera V rovesciata: se si fermano sopra la linea, alleggerite il carico della molla oppure usatene una più corta.
Se i bracci della sospensione si fermano molto al di sotto della linea orizzontale, allora caricate ulteriormente la molla oppure usatene una più lunga.
Nei limiti del possibile non usate la vite di regolazione del fine corsa delle sospensioni: di solito abbiamo bisogno dell'intera escursione di lavoro degli ammortizzatori.

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MessaggioInviato: Gio Ott 14, 2010 8:24 pm Rispondi citando Torna in cima

Driving school: il sorpasso

<< Inevitabilmente diventerà nervoso e prima o poi sbaglierà (se non è Lamberto Collari), lasciandovi libera la pista.
Se anche lui leggerà questo articolo... nessun problema: basta essere più bravi e pazienti di lui! >>


Introduciamo il discorso sorpasso con la stessa frase che abbiamo usato a chiusura dell'ultimo articolo che parlava delle partenze: la guida è tutta una questione di testa che dovremo "settare" nel modo giusto per quello che vogliamo fare nella gara. Se non riusciamo a farlo, sarà un terno al lotto vedere come andrà a finire e tutto dipenderà dalla situazione, dalla macchina, dal settaggio e dal traffico in pista.
Quest'ultimo è comunque davvero frustrante: non si sa mai da che parte andrà la macchina che abbiamo davanti, ma è una cosa con la quale dobbiamo imparare a convivere ed a gestire.
I piloti migliori riescono ad anticipare le mosse dell'avversario, ma è una cosa che si acquista solo con l'esperienza ed usando il cervello.
Importantissimo è trovare un ritmo con il quale ci sentiamo a nostro agio e, se esso corrisponde anche ad una buona media sul giro, saremo sorpresi del risultato finale.
Anche in questo caso sarà necessario tener conto del traffico: normalmente un doppiato ci dovrebbe dar strada, ma qualche volta non succede e dovremo saper gestire anche questa situazione.
Quindi, una volta partiti, bisogna pensare ad una buona strategia di gara e a dei buoni sorpassi. Per buon sorpasso intendiamo, ovviamente, il superare un avversario da signori e cioè senza incorrere nelle ire del giudice di gara e, soprattutto, senza dover fuggire dal palco di guida inseguiti da un avversario inferocito.
Ci sono diversi modi di effettuare un sorpasso, almeno sei o sette dal più pulito al più sporco, ma non vogliamo essere denunciati per istigazione a delinquere e quindi ci limiteremo ad esaminare soltanto i primi tre, lasciando gli altri a quei piloti che non si preocupano di essere definiti signori, ma addirittura godono dell'appartenere alla categoria degli sportellatori o peggio.
Il sorpasso dall'esterno all'interno si presta splendidamente ad essere effettuato alla fine di un rettilineo che termina con una curva abbastanza stretta e funziona particolarmente con piloti non ancora smaliziati e che... non leggeranno quest'articolo.
Se state seguendo il vostro avversario e non avete abbastanza motore da fumarvelo in pieno rettilineo, dovete aspettare la prima curva per fare la vostra mossa: stategli addosso e fategli sentire il fiato sul collo.
Verso la fine del rettilineo, accennate ad un sorpasso dall'esterno verso l'interno della curva e lui, istintivamente, stringerà la traiettoria e tenterà di ritardare la frenata.
Inevitabilmente arriverà un po' lungo ed il suo modello tenderà ad allargare in uscita.
Voi, appena fatta la finta di sorpasso e lui accenna la sua reazione, anticiperete un po' la frenata ed avrete così la possibilità di trovarvi perfettamente alla corda a metà della curva, di poter accellerare al massimo all'uscita della stessa e di relegarlo all'esterno e... superarlo.
Sembra facile, ma ci vuole una grande capacità di controllo e, soprattutto, che il vostro avversario non conosca il trucchetto perchè, se fa la curva come se non vi avesse visto, avrete soltanto perso del tempo.
Un altro sistema che sembra semplice, ma invece è abbastanza difficilie e presuppone che voi siate sufficientemente più bravi e pazienti del vostro avversario, è quello di farlo sbagliare.
Se non siete pressati dal cronometro e dagli altri avversari, fate finta di avere una calamita che tiene attaccato il paraurti anteriore del vostro modello a quello posteriore dell'altro. Fatelo senza accennare a sorpassi, ma stategli addosso come una sanguisuga.
Inevitabilmente diventerà nervoso e prima o poi sbaglierà (se non è Lamberto Collari), lasciandovi libera la pista. Se anche lui leggerà questo articolo... nessun problema: basta essere più bravi e pazienti di lui!
Nel terzo caso cominciamo ad essere un po' meno signori e potremo salvarci soltanto negando spudoratamente l'intenzionalità dell'operazione.
Supponiamo che il primo sistema descritto (dall'esterno all'interno) non riesca a funzionare e supponiamo anche che, dopo alcuni giri "a calamita" il nostro avversario si mostri ben lontano dal sentirsi sotto pressione. Allora dovremo per forza, come si dice, forzare un po' la mano al destino. Torniamo al primo caso: in fondo al rettilineo lui non ci cade ed allora... ce lo fate cadere voi dandogli una spintarella che lo costringerà ad arrivare un po' lungo e poi... tutto come nel primo caso. Fate attenzione perchè abbiamo detto "toccata" e non una legnata da far paura. A questo terzo sistema, il vostro avversario non potrà porre rimedio anche se leggerà questo articolo proprio come voi.
Funziona sempre, ma ricordiamoci subito di aggiungere un "scusa, ma non pensavo che avresti rallentato così tanto!" Unica controindicazione è che di solito non ci credono.
Da qui in poi, pur esistendo altri sistemi di sorpasso, ci rifiutiamo di dar suggerimenti e consigli: non sarebbero da gentleman!
Anche se stiamo lottando per il primo posto, è ugualmente molto importante mantenere il proprio ritmo. Si può, se necessario, tentare di andare anche un po' più forte, ma rischieremo di sbagliare o di rompere qualcosa nella macchina.
Tra l'altro, con un ritmo costante si risparmiano le gomme, il carburante e tutta la macchina nel suo complesso e questo è molto importante.
Se anche il nostro ritmo non fosse abbastanza veloce da posizionarci tra i primi, sarà ugualmente importante mantenerlo perchè, non si sa mai: con tutto quello che può succedere durante la gara, potremmo alla fine ritrovarci al secondo od addirittura al primo posto! Tutto può succedere: il primo od il secondo potrebbero rompere o fermarsi per un'infinità di ragioni e sappiamo che non è sempre il più veloce quello che vincerà la gara. In questo modo lo sloveno Jernei Vuga ha vinto l'ultimo Campionato Europeo su Ielasi e Balestri entrambi disgraziatamente fermi soltanto a pochissimi secondi dalla fine.



ARTICOLO ECOMODEL

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MessaggioInviato: Gio Ott 14, 2010 8:31 pm Rispondi citando Torna in cima

Servi Motore brushless

Il motore brushless è un motore elettrico a magneti permanenti. A differenza di uno a spazzole, non ha bisogno di contatti elettrici striscianti sull'albero motore per funzionare (da qui il nome). La commutazione della corrente circolante negli avvolgimenti, infatti, non avviene più per via meccanica (tramite i contatti striscianti), ma elettronicamente. Ciò comporta una minore resistenza meccanica, elimina la possibilità che si formino scintille al crescere della velocità di rotazione, e riduce notevolmente la necessità di manutenzione periodica.
Descrizione
In un motore a spazzole, il contatto meccanico delle spazzole con il collettore rotante sul rotore chiude il circuito elettrico tra l'alimentazione e l'avvolgimento di rotore.

In un motore brushless, l'inversione di corrente è ottenuta elettronicamente, tramite un banco di transistor di potenza comandati da un microcontrollore che controlla la commutazione della corrente. Dato che il controllore deve conoscere la posizione del rotore rispetto allo statore, esso viene solitamente collegato a un sensore a effetto Hall, come il Pick-up o a un più preciso resolver.
Vantaggi
Il primo grosso vantaggio riguarda la vita attesa del motore, dato che le spazzole sono il "punto debole" di un motore in corrente continua. L'assenza di spazzole elimina anche la principale fonte di rumore elettromagnetico presente negli altri motori in continua.

L'ingombro è limitato rispetto alla potenza che possono erogare. In termini di efficienza, i motori brushless sviluppano molto meno calore di un equivalente motore in corrente alternata. Gli avvolgimenti sullo statore inoltre dissipano facilmente il calore generato e permettono di costruire motori "lisci", senza alettature esterne. L'assenza di scintille è fondamentale quando il motore opera in ambienti saturi di composti chimici volatili come i carburanti.

In questo tipo di motori i magneti permanenti sono posizionati sul rotore e sono realizzati con speciali materiali che permettono di avere un'inerzia rotorica molto bassa, cosa che permette di avere un controllo estremamente preciso sia in velocità che in accelerazione. Queste caratteristiche li rendono adatti all'utilizzo nei lettori CD e DVD ma anche, nelle versioni più grandi nell'aeromodellismo e nei veicoli elettrici. Esistono applicazioni navali di tali motori con tecnologie a superconduzione che hanno potenze dell'ordine di MW. Ultimamente sono molto utilizzati in campo industriale e impiegati nelle macchine automatiche che necessitano di movimenti precisi e veloci con ingombri decisamente contenuti e grande versatilità, offerta anche da apparecchiature di controllo programmabili molto sofisticate che danno un completo controllo e diagnostica del motore.
Svantaggi
Il principale svantaggio di questo tipo di motori sta nel maggiore costo. Al contrario dei motori a spazzole, infatti, il controllo viene effettuato elettronicamente con un azionamento, un dispositivo elettronico fornito dal costruttore del motore o da terze parti; per questo non è solitamente possibile utilizzare un potenziometro o un reostato (inefficiente ma estremamente economico).

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MessaggioInviato: Gio Ott 21, 2010 5:21 pm Rispondi citando Torna in cima

Comunicato ROBBE MOTORSPORT

Avvertenza importante!
Gentili Signore e Signori,
nell’ambito dei nostri periodici controlli qualitativi abbiamo riscontrato una anomalia di natura tecnica sul
primo lotto di batterie LiPo per Nano Jets F-16, F-18, F86 e AMX.
A causa di un errore intercorso in fase produttiva, i cavi di collegamento della batteria con l’equalizzatore
risultano invertiti tra loro. Al fine di evitare cortocircuiti o danneggiamenti che potrebbero insorgere durante
l’utilizzo con caricabatterie o equalizzatori di altre marche, oppure con vecchi dispositivi robbe vi esortiamo
quindi a non ricaricare le batterie che presentano collegamenti invertiti.

Il difetto interessa i prodotti con codice:
Art. Nr. 2536, 2537, 2538 e 2539
Batterie Lipo per l’alimentazione dei
modelli Nano Jets F-16, F-18, F86 e AMX

Periodo di fornitura dal 07.06.2010 fino

Per ripristinare la batteria, risulta possibile invertire autonomamente la posizione dei fili (pag.2), oppure
spedirci il componente all’indirizzo riportato di seguito per riceverne uno nuovo.
robbe Modellsport GmbH & Co. KG
Abt. Service
Metzloser Str. 38
D-36355 Grebenhain
OT Metzlos-Gehaag

In questo caso vi preghiamo di farci pervenire il vostro recapito via mail all’indirizzo NanoJet@robbe.com ;
vi sarà inviato a casa l’adesivo postale da utilizzare per spedire gratuitamente la batteria presso il nostro
centro assistenza (esclusivamente all’interno della Germania).

I nostri collaboratori rimangono naturalmente a vostra completa disposizione attraverso la linea diretta, al
numero +049 (0) 6644-87777. In alternativa, vi preghiamo di farci pervenire la vostra richiesta in forma
scritta all’indirizzo E-Mail hotline@robbe.com, oppure via fax al numero +49 (0) 6644-87779
Cordiali saluti
Il vostro team Robbe

Modifica dello schema di collegamento:

1. Contrassegnare sulla piastrina in plastica la sequenza di collegamento dei cavi.
2. Sollevare il primo perno di chiusura bianco sulla piastrina, quindi estrarre con
cautela il cavo tirandolo indietro.
3. Isolare tassativamente i contatti dei cavi!
4. Sollevare il perno di chiusura successivo, estrarre il cavo ed isolarlo.
5. Ripetere le medesime operazioni anche per il 3o ed 4o cavo.
6. Togliere singolarmente l’isolante dai cavi procedendo uno per volta, poi reinserire
ciascun cavo all’interno della piastrina seguendo l’ordine inverso rispetto alla fase
di estrazione (fare riferimento alla foto sottostante: “incorrect”: schema di
collegamento originario errato, “correct”: schema di collegamento esatto a seguito
della modifica).

Spostare il cavo dal connettore 1 al connettore 4
Spostare il cavo dal connettore 2 al connettore 3
Spostare il cavo dal connettore 3 al connettore 2
Spostare il cavo dal connettore 4 al connettore 1

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MessaggioInviato: Mer Ott 27, 2010 2:35 pm Rispondi citando Torna in cima

L' A B C dell assetto

Ackermann

Per riuscire a cambiare direzione in modo continuo e senza trascinamento, le ruote anteriori di un veicolo, quando percorrono una curva, devono essere sterzate con angoli leggermente diversi.

La ruota interna, infatti, percorre una circonferenza di raggio più stretto e, se si vuole che non si verifichino strisciamenti nel contatto ruota - terreno, deve essere sterzata con un angolo maggiore rispetto al corpo dell'auto (basta pensare al modo in cui gli atleti che partecipano ad una gara di corsa sui 400 metri sono scaglionati al momento della partenza per rendersi conto di questa necessità). Questa differenza diventa ancora più grande al restringersi della curva.

I progettisti delle auto riescono ad ottenere questo risultato predisponendo la geometria dello sterzo in base al sistema a quadrilatero articolato denominato quadrilatero di Ackermann, dal nome del tecnico tedesco Rudolf Ackermann; il sistema è anche conosciuto con il nome di quadrilatero di Jeantaud, dal nome del tecnico francese Charles Jeantaud che nel 1878 ne realizzò una prima versione.
Il principio di Ackermann afferma che, quando un veicolo effettua una sterzata, le linee immaginarie ad angolo retto rispetto al piano di mezzeria delle ruote devono incontrarsi in uno stesso punto, il cosiddetto punto di istantanea di rotazione che è il punto attorno al quale la macchina sta effettivamente girando.

Per permettere alle ruote anteriori di spostarsi in base al principio di Ackermann, i bracci dello sterzo delle ruote anteriori sono inclinati in modo che due rette immaginarie passanti per essi si incontrino al centro dell'assale posteriore.
In realtà, le caratteristiche di tenuta di strada dei pneumatici consentono leggere variazioni rispetto ad una rigida applicazione del principio di Ackermann (che, comunque, rimane valido) e si utilizzano così dei meccanismi che producono un'ottima approssimazione della situazione ideale.
Un angolo di Ackermann pronunciato si traduce in un comportamento di guida dolce e prevedibile: la macchina percorrerà le curve con precisione, senza che le quattro ruote tirino verso direzioni diverse. Un angolo minire, invece, da più direzionalità, specialmente nell'inserimento di curva, ma non è garantito che ogni tanto l'avantreno non "scappi" creando così un raggio di sterzata non uniforme.

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Campanatura


L'inclinazione delle ruota rispetto all'asse verticale è chiamata campanatura o angolo di camber (o più semplicemente camber).Quest'angolo può risultare nullo, positivo o negativo: se la parte superiore della ruota risulta inclinata verso l'esterno, cosicchè le ruote dello stesso assale convergono verso il basso, si parla di angolo di camber positivo; se, invece, le ruote sono inclinate verso l'interno, ossia convergono verso l'alto, l'angolo di camber è considerato negativo.Valori elevati dell'angolo di camber, tanto positivi quanto negativi, sono da evitare perchè tendono a far sollevare parte del battistrada dei pneumatici dalla superficie stradale, con una drastica riduzione dell'aderenza ed un più rapido consumo dei pneumatici stessi: di solito si usano valori che al massimo arrivano a +/- 3° circa (ma solitamente non si usa mai un angolo di campanatura positivo).

Un angolo negativo è necessario perchè, quando la macchina percorre una curva, il telaio s'inclina tendendo così ad aumentare il grado di campanatura stesso: se l'angolo non fosse leggermente negativo, il pneumatico toccherebbe terra solo con la parte esterna, con riduzione della trazione. Dato che il grip di un pneumatico cresce al crescere della sua superficie d'appoggio col terreno, la situazione ottimale si otterrebbe se esso rimanesse sempre perpendicolare al terreno senza deformarsi in presenza di forti carichi laterali ma normalmente non è così e bisogna quindi cercare il miglior compromesso possibile.
Se si vuole la massima trazione in accelerazione ed in frenata (in rettilineo) allora bisogna regolare la campanatura a 0°, mentre se si vuole la massima trazione in curva allora bisogna impostarlo ad un valore negativo di qualche grado, in funzione della rigidità della sospensione e della durezza della mescola del pneumatico; non è possibile, quindi, ottimizzare entrambe le situazioni.
Il modo più facile è regolare la campanatura in modo che il pneumatico si consumi in modo uniforme su tutta la larghezza del battistrada, così che ogni punto delle gomma venga utilizzato al massimo.
Si tenga presente che una macchina con sospensioni molto morbide richiede un angolo di camber negativo più accentuato di una con sospensioni molto rigide mentre in condizioni di fuoristrada potrebbe essere utile usare un angolo maggiore di quello che garantirebbe un consumo uniforme in modo da stabilizzare la macchina sugli ostacoli più grossi e per ridurre il rischio che la ruota si infili in un solco ribaltando così

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Convergenza


Quando l'auto è in movimento, la combinazione delle forze di trazione e di attrito fra superficie stradale e battistrada tende a far "aprire" o "chiudere" le ruote. Per ottenere una marcia rettilinea, quindi, le ruote non devono essere, a vettura ferma, perfettamente parallele tra loro ma, a seconda dei casi, leggermente convergenti o divergenti.
Guardando il veicolo dall'alto, si parla di convergenza (toe-in in inglese) quando i piani longitudinali passanti per le ruote convergono e si incontrano davanti al veicolo, mentre se l'incontro avviene dietro il veicolo, si parla di convergenza negativa o, più comunemente, di divergenza (toe-out); l'angolo viene misurato in gradi.
Nello schema, entrambe le ruote anteriori "tirano" la macchina di lato, anche se l'effetto totale è nullo, dal momento che le forze in gioco sono uguali ed opposte: in teoria la macchina non sbanda né a destra né a sinistra, ma questa è una situazione instabile.
Supponiamo che la macchina incontri una piccola irregolarità del terreno su un lato soltanto, oppure che le ruote siano leggermente sterzate, ciò si tradurrà in un po' di carico in più su uno dei due pneumatici anteriori, che quindi farà più presa sul terreno e potrà tirare la macchina un pò dalla propria parte: il risultato è che una ruota tira con più forza in una direzione, mentre la forza che agisce in direzione opposta si è indebolita e, di conseguenza, le due forze non si controbilanciano più, e si crea una risultante che fa curvare la macchina.
Il guidatore può cercare di controsterzare ma, se la correzione non è perfetta, ci ritroviamo daccapo nella stessa situazione, questa volta in direzione opposta.La macchina avrà quindi la tendenza a sbandare da una parte e dall'altra, o, nel peggiore dei casi, ad entrare in oscillazione.
Se la divergenza delle ruote causa instabilità, non c'è motivo di adottarla al retrotreno poichè renderebbe la macchina inguidabile.
Per quanto riguarda l'avantreno, invece, c'è l'effetto stabilizzante dell'angolo di incidenza. E' per questo che talvolta le ruote anteriori possono essere leggermente divergenti, purché la macchina abbia un angolo di incidenza sufficiente a dare stabilità sui rettilinei. L'effetto "instabilità" si farà comunque notare nell'inserimento in curva, che risulterà più immediato ed aggressivo.

La convergenza delle ruote ha, invece, un effetto stabilizzante: tenderà a far andare dritta la macchina. Viene adottata per lo più al retrotreno, dove ne previene la tendenza a 'scappare' quando i pneumatici vengono bruscamente portati ai limiti del cerchio di tenuta, e ogni irregolarità del terreno può far loro perdere la presa. Il guidatore avrà la sensazione che il posteriore sia "incollato alla strada", come se ci fosse una forza invisibile che lo tiene in traiettoria.
Tuttavia ci sono degli svantaggi: la direzionalità in curva può soffrirne parecchio, specie in quelle lente. L'effetto può arrivare ad essere tale che la tenuta dell'avantreno è a malapena sufficiente a far curvare la macchina. In altre parole, troppa convergenza al retrotreno può tradursi in un effetto di sottosterzo.
Se le ruote anteriori sono convergenti, si ha sostanzialmente lo stesso effetto stabilizzante; ciò può essere comodo per controllare le accelerazioni, ma farà perdere direzionalità all'anteriore: l'inserimento in curva sarà assai meno aggressivo.

Convergenza e divergenza hanno in comune un effetto: aumentano la prontezza di reazione della macchina. Le forze opposte, per piccole che siano normalmente, eliminano tutti i giochi della sospensione, e pre-caricano lateralmente i pneumatici, deformandone leggermente la carcassa. Ciò consente alla macchina di reagire più prontamente.

Lo svantaggio di un angolo accentuato di convergenza o divergenza sta soprattutto nello spreco di energia (quindi perdita di velocità): all'aumentare dell'angolo cresce lo slittamento dei pneumatici con l'asfalto, quindi, quanto maggiore è il grip della pista, tanto maggiore sarà la perdita. Inoltre, se l'angolazione delle ruote è pronunciata, saranno altrettanto ampi gli angoli di slittamento, con conseguente diminuzione della tenuta di strada persino in rettifilo.

I valori normalmente utilizzati vanno da -1.5 a +1.5 gradi all'anteriore, più di così darebbe luogo a comportamenti strani, mentre al posteriore è comune utilizzare da 0 a 3.5 gradi di convergenza, qualcosa meno per le macchine on-road.

Lo sterzo deve avere un effetto autocentrante, per consentire al veicolo di proseguire in linea retta quando non si intende intervenire sul volante per modificarne la traiettoria.
Questo effetto si ottiene con un opportuno posizionamento dell'asse di rotazione del fuso snodo (o del porta-mozzo) delle ruote anteriori. Se questo asse venisse prolungato fino ad incontrare il terreno, il contatto avverrebbe un pò più avanti della verticale condotta dal centro del mozzo: la distanza al suolo tra questi due assi viene definita "avancorsa"; il termine è giustificato dal fatto che, considerando il senso di marcia del veicolo, il punto di contatto viene a trovarsi davanti al centro dell'area di impronta del pneumatico (un angolo di incidenza negativo, solitamente, non viene mai usato).

Per rendersi conto dell'effetto dell'angolo di incidenza, chiamato anche angolo di caster o semplicemente caster, basta pensare al comportamento delle ruote girevoli di una sedia o di un carrello portavivande: queste ruote tendono infatti ad orientarsi nel senso del movimento, poichè la resistenza che incontrano durante il rotolamento agisce come coppia (la spinta è applicata in un punto diverso dalla resistenza) che tende a ri-allineare le ruote.
Un angolo di incidenza non nullo causerà un eccesso di campanatura delle ruote anteriori quando vengono sterzate, facendo alzare l'avantreno. E' questo innalzamento che dà alle ruote anteriori la tendenza a raddrizzarsi spontaneamente quando non si applica forza allo sterzo: con le ruote dritte il telaio sta all'altezza minima da terra, mentre per sterzare bisogna applicare della forza, per alzare l'avantreno. Al venir meno dell'azione sterzante, la forza di gravità riporterà le ruote nella posizione originale. Questo effetto è tanto più pronunciato, quanto più la macchina è pesante e l'angolo di incidenza è pronunciato. Inoltre, al crescere dell'angolo di incidenza, cresce la differenza di campanatura tra le ruote quando vengono sterzate. Questa differenza di campanatura va a compensare l'inclinazione del telaio e la deformazione dei pneumatici che si verificano in curva.

Un angolo di incidenza pronunciato aumenterà la direzionalità all'inserimento in curva e nei curvoni veloci, in cui l'inclinazione del telaio è più pronunciata. Aumenterà anche la stabilità su terreno accidentato e la stabilità in rettilineo. Un angolo di incidenza poco pronunciato, invece, migliorerà la direzonalità nelle curve lente e ammorbidirà l'inserimento in curva.

Si noti che l'angolo di incidenza non è sempre costante: nelle macchine con sospensioni a trapezio, in cui il braccio superiore non è parallelo al triangolo inferiore, l'incidenza varierà con il movimento della sospensione. Se il triangolo inferiore ha un'inclinazione orizzontale minore rispetto al braccio superiore, l'angolo di incidenza diminuirà con la compressione della sospensione, ad esempio in curva o in frenata. Questo effetto è detto "incidenza reattiva".

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Le molle

Il tipo più diffuso di molla è quello elicoidale, costituita da un tondino d'acciaio speciale, avvolta a spirale secondo un'elica cilindrica o conica, al cui interno viene inserito l'ammortizzatore.
Una molla è un elemento elastico e la forza che esercita (sia in estensione che in compressione) è proporzionale all'accorciamento della molla stessa rispetto alla sua posizione di riposo ed alla sua costante elastica (che dipende dal tipo di materiale usato, dal suo spessore...); se la costante elastica ha un valore elevato allora la molla risulta dura, mentre se ha un valore basso allora risulta morbida. Nel caso delle molle progressive, invece, la costante elastica non è costante ma aumenta all'aumentare della compressione della molla, questo permette ad una molla d'avere un comportamento "morbido" all'inizio per poi diventare "rigido" con l'aumentare della sua compressione (questo può accadere perchè varia il diametro del filo d'acciaio oppure il passo ed il diametro d'avvolgimento).

Mentre dal punto di vista matematico le molle non presentano particolari complicazioni, lo stesso non si può dire dal punto di vista dell'assetto. Il problema è che lavorano in due dimensioni: longitudinalmente e trasversalmente rispetto all'asse della macchina.
Ad esempio: una macchina con molle morbide non solo presenterà un accentuato rollio nelle curve veloci, ma abbasserà anche molto il muso nelle staccate violente e lo alzerà molto nelle accelerazioni. Ciò è dovuto al fatto che le molle devono compensare i momenti che si creano (dovuti al rollio ed al beccheggio) e molle morbide devono essere compresse parecchio per resistere ad una data forza; si può quindi dire che la durezza delle molle influenza praticamente tutto: reazione alle asperità del terreno, rigidità al rollio, rigidità al beccheggio, ecc...

In generale una molla più rigida diminuisce il grip della ruota corrispondente, mentre una molla più morbida l'aumenta. Ciò accade perché le molle contrastano il trasferimento di peso (sia longitudinalmente che trasversalmente) e, a parità di sterzata, accelerazione o frenata, una molla più rigida subirà una compressione minore, con conseguente minor movimento del telaio e quindi minor trasferimento di peso; al contrario, una molla più morbida subirà un accorciamento maggiore e quindi provocherà un maggior spostamento di peso.

Se la strada presenta una serie di piccole asperità ravvicinate fra loro, molle rigide faranno saltellare la macchina, con danno per la tenuta di strada, quindi bisognerà utilizzare delle molle più morbide per mantenere i pneumatici a contatto del terreno. Su piste lisce, invece, bisogna usare molle più rigide per aumentare la reattività della macchina e la sua capacità di effettuare i salti.



Ammortizzatori

.Gli ammortizzatori hanno il compito di frenare i rimbalzi delle molle dopo che la vettura ha superato un'irregolarità del fondo stradale: senza di essi le molle continuerebbero ad oscillare in modo incontrollato rendendo la guida molto pericolosa.
La maggio parte degli ammortizzatori è di tipo telescopico; l'ammortizzatore risulta costituito da un cilindro sigillato, pieno d'olio, che contiene un pistone collegato ad un'asta. Un'estremità del cilindro è fissata all'asse, mentre l'altra estremità è fissata al corpo della vettura.Quando una ruota si solleva a causa di un'irregolarità del terreno, l'ammortizzatore si comprime costringendo il pistone a muoversi all'interno del cilindro con conseguente spostamento dell'olio dalla parte inferiore del cilindro a quella superiore attraverso piccoli fori (a volte anche attraverso valvole unidirezionali) situati nel pistone.La distensione della molle tende a fare estendere l'ammortizzatore: il pistone risale nel cilindro, ma questo movimento è rallentato perchè l'olio deve nuovamente scorrere attraverso i fori presenti nel pistone e quindi l'ammortizzatore rallenta la corsa della molla, assorbendo tutta l'energia "del rimbalzo".
In termini di energia, le molle assorbono l'energia durante la compressione rilasciandola nella fase di estensione mentre gli ammortizzatori franano sempre il movimento della molla, dissipando l'energia associata al loro movimento consentendo ai pneumatici di rimanere a contatto col terreno quanto più possibile.
Ciò suggerisce che l'ammortizzatore dovrebbe sempre essere regolato in funzione della durezza della molla: non bisogna mai abbinare un ammortizzatore molto morbido ad una molla molto rigida o un ammortizzatore molto duro ad una molla molto morbida. Piccoli aggiustamenti, tuttavia, possono dare risultati molto interessanti: un ammortizzatore un pò più duro renderà più stabile la macchina e rallenterà i movimenti sia di beccheggio che di rollio.
Bisogna notare che l'ammortizzatore influenza solo la velocità con cui avvengono i movimenti di beccheggio e di rollio e non la loro entità! Quindi, se si vuole che una macchina presenti meno rollio, sarà necessario intervenite sulle barre anti-rollio o sulle molle, ma non sugli ammortizzatori.
Ciò che si può regolare con l'ammortizzatore è la velocità con cui la sospensione riprende la posizione di partenza: se una macchina con molle morbide ma ammortizzatori duri viene schiacciata verso il basso, ritornerà nella posizione originale molto lentamente perchè gli ammortizzatori freneranno molto la forza della molla, mentre una macchina con molle rigide ed ammortizzatori morbidi si comporterà nel modo opposto, ovvero riprenderà molto velocemente la posizione originale. La stessa situazione si ha in uscita dalle curve: in curva, il peso si sposta e il telaio si sarà inclinato lateralmente e/o longitudinalmente, ma quando si raddrizza lo sterzo le sollecitazioni dovute alla sterzata scompaiono e il telaio riassume la configurazione originale; la velocità con cui ciò avviene è determinata dalla durezza degli ammortizzatori. Una macchina con molle morbide e ammortizzatori duri mostrerà la tendenza a voler continuare a curvare quando si raddrizza lo sterzo, e tenderà a voler andare dritta quando si comincia a sterzare; avrà un comportamento in generale poco reattivo ma molto dolce. D'altro canto, invece, una macchina con molle rigide e ammortizzatori morbidi sarà molto reattiva: seguirà velocemente e aggressivamente la volontà del pilota ma in modo più nervoso.

Le proprietà di un ammortizzatore si possono variare tramite i buchi presenti nel pistone oppure cambiando il tipo di olio presente nel cilindro. Dal punto di vista statico, la combinazione di un pistone con fori piccoli e olio fluido equivale a quella di un pistone con fori grandi e olio viscoso e la sensazione che si potrà avere schiacciando la macchina con la mano sarà la stessa. L'effetto sulla guida sarà lo stesso nei passaggi a bassa velocità (velocità del pistone rispetto al cilindro dell'ammortizzatore, e non della velocità della macchina), come nelle curve lente e su irregolarità a bassa frequenza. La vera differenza, tuttavia, si ha nel comportamento ad alta velocità (sempre del pistone rispetto al cilindro e ciò può accadere, ad esempio, quando si ritocca terra dopo un salto oppure passando velocemente sopra un dosso): la prima combinazione andrà velocemente in blocco (più precisamente si avrà un blocco idraulico dovuto ad una differenza di resistenza, di solito molto elevata, tra il funzionamento "a velocità bassa" e quello a "velocità alta") a causa della maggiore velocità dell'olio più fluido (poichè, a parità di tempo, deve passare la stessa quantità di olio attraverso fori più piccoli e quindi la velocità deve essere maggiore), la seconda combinazione, invece, sarà meno propensa ad andare in blocco a causa della maggior lentezza con cui scorre il fluido molto più viscoso, per questo motivo, si avrà un blocco solo per velocità del pistone molto più alte o addirittura non si verificherà per nulla (semplificando il concetto, non si otterrà il blocco perchè all'interno dei buchi del pistone, in cui scorre il fluido, non si raggiungono le velocità elevate che determinano il blocco, ovvero il salto di "resistenza opposta al movimento").

La scelta del pistone e dell'olio giusti dipende soprattutto dal tracciato della pista: salti "killer" o irregolarità "scassa-telaio" richiedono pistoni con fori piccoli per impedire che il telaio impatti col terreno (rendendo tra l'altro molto instabile la macchina in quei frangenti), invece se la pista è molto irregolare e piena di solchi bisognerebbe orientarsi verso pistoni con fori grandi poichè il blocco degli ammortizzatori farebbe rimbalzare la macchina rendendola molto instabile.


articolo di MODELLISMO.NET

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MessaggioInviato: Gio Nov 11, 2010 7:12 am Rispondi citando Torna in cima

una integrazione, guida al setup.. Very Happy Wink

http://necrosoft.altervista.org/documenti/ManualRC0901.pdf

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MessaggioInviato: Ven Dic 10, 2010 7:07 pm Rispondi citando Torna in cima

Colorazione cavi servi

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MessaggioInviato: Mar Dic 14, 2010 6:57 pm Rispondi citando Torna in cima

Futaba 4PK-2.4GHz

Come gestire con un unico telecomando la ricevente usata sul radiocomando 3PK ( R603FS/603FF )e la ricevente usata nel radiocomando 4PK( R604FS )


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MessaggioInviato: Dom Dic 19, 2010 11:28 pm Rispondi citando Torna in cima

tiziano ha scritto:
tiziano ha scritto:
MDU1720

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Sono trasmettitori a 10 giga in banda x ( la frequenza dei radar )
Qualcuno di voi potrebbe averli visti montati nei piu moderni rivelatori a doppia tecnologia.
Ma vengono anche installati nei pannelli dissuasori di velocità.

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Lo schema elettrico

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ma che centra questo con la pista????

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